Idee di viaggio

Agliè, il borgo senza tempo nel cuore del Piemonte

Michela Micheli

Michela Micheli

Le stagioni che mutano, il tempo che passa, la vita che scorre. Eppure ad Agliè tutto sembra essersi fermato. In questo piccolo borgo ai piedi delle Alpi l’arte e la storia incontrano la meraviglia. E il silenzio assordante culla le emozioni dei visitatori. Una mattina di fine agosto sono partita da Roma, in macchina. All’alba. Con il mio zaino, i miei sogni e la mia solita, impaziente, curiosità. Sono arrivata in Piemonte alle 12.30. Ad Agliè, poco prima delle 14. Il sole caldo, le montagne, la natura. E un incredibile senso di quiete. Ciò che non riesco a descrivere è la sensazione che ho provato voltandomi di scatto e ammirando il maestoso castello ducale, residenza reale dei Savoia. Da piccola associavo un colore a ogni regione d’Italia. Un po’ per noia, un po’ per divertimento. Il colore del “mio” Piemonte è sempre stato il marrone. Marrone come le nocciole, marrone come il cioccolato, marrone come l’autunno.

Credits Zairon / Wikimedia Commons
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Un po' di storia

Vi siete mai chiesti perché Agliè si chiama così? Io sì e ho anche cercato spiegazioni. Durante una sosta in un autogrill della Liguria. Di fronte a un caffè e un cornetto. Agliè sorge sulle rovine della città romana di Alladium; la prima menzione nei documenti risale al 1141 quando i feudatari del Canavese si spartirono il territorio. Secondo alcuni storici deriva dal nome di Allio, un colono romano. Secondo altri, da Ala Dei, ovvero "Ala di Dio", poiché la pianta originaria del castello richiamava la forma di un’ala rivolta verso levante. Nel 1355 l’imperatore Carlo IV donò ai marchesi di Monferrato molte terre, fra cui Agliè. A metà del Cinquecento la cittadina venne inglobata nel Ducato di Savoia, tornato indipendente dopo le guerre d'Italia grazie a Emanuele Filiberto.

Credits Michela Micheli
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Arte, meraviglia, sogni di epoche passate: benvenuti ad Agliè

Con i suoi sette secoli di storia, il castello ducale, Patrimonio Unesco, non smette di rapire il cuore di tutti gli amanti della bellezza. Quattro fasi costruttive, oltre trecento stanze, due lunghe gallerie ricche di statue, quadri, mobili. La storia del castello ha inizio nel Medioevo, periodo in cui la casata dei San Martino si affermò nel Canavese. Più tardi il conte Filippo San Martino di Agliè, luogotenente della Compagnia delle Corazze di Vittorio Amedeo I e consigliere di Cristina di Francia, commissionò all’architetto Amedeo di Castellamonte alcuni interventi: il rifacimento della facciata sul giardino, il cortile e la costruzione di due gallerie. Nel 1764 il feudo di Agliè, e naturalmente il castello, vennero acquistati dai Savoia. In quegli anni vennero costruiti gli appartamenti e una chiesa, collegata al palazzo attraverso una galleria. Durante la dominazione napoleonica il castello fu trasformato in un ospizio e venduto a privati. Nel 1825, dopo la Restaurazione, il re Carlo Felice dispose ulteriori lavori di restauro. Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo il riallestimento della Galleria Verde, il parco prese l'assetto che conserva tuttora.

Credits Michela Micheli
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L’affascinante visita guidata comincia dal Salone delle Guardie del Corpo, realizzato nel 1770-71 per volontà di Benedetto Maurizio di Savoia, duca del Chiablese, su progetto dell’architetto Ignazio Birago di Borgaro. Che meraviglia le pareti, con i paesaggi di Scipione Cignaroli e i ritratti di Carlo Felice e della regina consorte Maria Cristina di Borbone realizzati da Jacques Berger. Tutti con gli occhi all’insù: le decorazioni in stucco, raffiguranti motivi di natura e caccia, sono opera di Giuseppe Bolina. Colori, sogni, magia: la biblioteca del castello custodisce 7000 volumi e opuscoli. Vi confesso una cosa: avrei tanto voluto sedermi, prendere un libro e leggerlo.
Il cuore del castello è senza dubbio il Salone d’Arduino, o Salone da ballo. Le pareti sono adorne di dipinti, opera di Giovan Paolo Recchi, che raffigurano  i fasti di Arduino d’Ivrea, re d'Italia dal 1002 al 1014. La Sala Cinese custodisce invece una collezione di arte orientale e alcuni oggetti donati nel 1958 dall’ingegnere Giuseppe Canova. La raccolta messa insieme dal duca Tommaso di Savoia durante una missione in Estremo Oriente (1879-81) comprende circa 180 pezzi. Sono rimasta molto affascinata dal piccolo teatro di corte del castello, voluto da Carlo Felice e realizzato dall’architetto regio Michele Borda al posto della cappella.
Per visitare la residenza occorre prenotare. Nel biglietto è compreso anche il parco, immenso. Con qualche panchina qua e là. E la grande fontana al centro, protagonista assoluta. Scatto due foto, poi riprendo la visita. Nel giardino pensile c'è la Fontana dei Fiumi, a ferro di cavallo, con le statue degli affluenti del Po. Il giardino all’italiana è opera di Antonio Capello. La Serra verde, la Serra Berain, la Serra bianca o Grande Citroniera si affacciano sui giardini e sono un mix di eleganza e bellezza.
Sapete, poi, che ad Agliè c’è un lago? Il lago della Gerbola, nascosto tra gli alberi e poco distante dal castello.

Credits Michela Micheli
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Agliè e le sue chiese

Ora vi racconto delle chiese di Agliè. La prima che i visitatori si trovano davanti è la Chiesa della Madonna della Neve, costruita per volere dei Savoia dall’architetto Ignazio di Birago di Borgaro e consacrata alla Vergine della Neve nel 1777. Con pianta a croce latina. L’altare è dedicato a San Massimo di Riez, patrono di Agliè. La tela raffigurante la Madonna col Bambino Gesù e i due angeli è davvero meravigliosa. Nel cuore del borgo si trova invece la Chiesa di Santa Marta. Il progetto per la nuova chiesa fu affidato a Costanzo Michela: di quella vecchia purtroppo non si sa nulla. La struttura è semplice, ma elegante: cotto piemontese arricchito con terrecotte policrome di Castellamonte. L’interno della chiesa riprende l’architettura spagnola. Vi spiego meglio: una zona per i fedeli con due altari, le tribune, il presbiterio, la sacrestia, il coro ligneo. Il campanile triangolare fu costruito da Giuseppe Domenico Morano. Ed è davvero particolare. La chiesa custodisce una copia della Sindone di Torino. L’icona centrale raffigurante l’Assunta, Santa Marta con il drago e San Giovanni Battista è racchiusa in una cornice lignea realizzata da Giuseppe Argentera di Ivrea.

Tradizioni e specialità

La visita al castello è prevista alle ore 15. Controllo l’orologio. Sono le 14. Il tempo di scoprire e assaggiare i prodotti tipici e riprendermi dall’infinito viaggio. Nel cuore del borgo c’è un ristorante che si chiama La Buta Stupa, in via Principe Tommaso 29. Mi siedo, ordino un piatto di agnolotti e un amaretto ripieno. Passeggiando per le vie del borgo mi chiedo quali sono le altre specialità. E parlando con alcuni abitanti le scopro. I torcetti al burro (nel Settecento nelle Valli di Lanzo si chiamavano torchietti), ovvero biscotti secchi dalla forma attorcigliata, sono arrivati ad Agliè nei primi anni del novecento grazie a Francesco Pana: questo ingegnoso pasticcere ebbe l'idea di piegare a forma di ovale i ritagli di pasta avanzati. Ogni anno, ad aprile, la Pro Loco di Agliè organizza in piazza Castello la Saga del Torcetto in onore dei biscotti che hanno conquistato in poco tempo il palato di tutti. E i vini? Beh, c’è l’imbarazzo della scelta. L’Erbaluce, il più antico del Piemonte, il Canavese rosso, Barbera e Nebbiolo.
Ogni mercoledì, in piazza, si tiene il mercato. Il santo patrono è San Massimo, che si festeggia la prima domenica di luglio. A febbraio invece si celebra il suggestivo Carluvà d’Ajé. Una settimana di eventi incredibili, tra cui la sfilata allegorica. La terza domenica di maggio, infine, si tiene la fiera primaverile, in occasione della quale vengono esposti attrezzi agricoli e bestiame.

Credits Tiziano Photography / Wikimedia Commons
Credits Tiziano Photography / Wikimedia Commons
Curiosità

Il castello ducale è stato scelto per girare le fiction Elisa di Rivombrosa, La Bella e la Bestia e Maria José - L'ultima regina.
Nel locale stabilimento Olivetti veniva prodotta la macchina da scrivere Lettera 22.
Agliè è anche la terra d'rigine dei genitori del poeta Guido Gozzano, uno dei massimi esponenti del crepuscolarismo: la sua residenza estiva, la villa ottocentesca Il Meleto, si trova circa un chilometro fuori dall'abitato.

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