Come nasce l'idea di un viaggio? Da una carta stradale e da un romanzo...
Il modo in cui si viaggia è sicuramente scritto nel DNA di ognuno di noi. Nel mio ci sono una mappa e un libro. E un ricordo d'infanzia: sono a Basilea, è il 1983 e stiamo percorrendo la città sulle tracce del protagonista di un romanzo letto da mio padre. A guidarci è proprio lui, mio padre, e io mi domando perché seguire le orme di qualcuno basandosi su fogli di carta... Oggi credo di averlo capito.
La risposta deve essere arrivata da quel pezzo di DNA, visto che, da quando organizzo io i miei viaggi, sulla mappa studio un percorso che ha avuto inizio in un libro. L’aggancio, quel quid che fa scattare l’idea, che traccia un primo abbozzo di itinerario, può essere la descrizione di un luogo, ma anche una parola dal suono particolare. Che si tratti di un libro di viaggio o di narrativa, sono di solito colori e suoni a fare la differenza e a iniziare ad animare la mappa. A quel punto, la lettura prosegue o scatta subito la ricerca, ma il viaggio è già iniziato. All'improvviso ti ritrovi con un dito a tracciare l’itinerario e un altro a seguire il racconto: ecco che si pongono le basi delle tappe del tuo viaggio.
Ho organizzato il viaggio in Portogallo partendo da quello descritto da Saramago nel suo Viaggio in Portogallo (Feltrinelli editore): libro denso di itinerari. Ho scelto il mio itinerario partendo da come mi si scioglievano sulla lingua i nomi delle città portoghesi. Si sono animate sulla mappa Miranda do Douro, Obidos, Almourol, Nazaré, una dietro l’altra, portandosi dietro i racconti di Saramago a cui, durante il viaggio, si sono aggiunti i miei episodi di vita vissuta. A Miranda do Douro ho cercato di farli coincidere, a Nazaré il mio ha preso una sua strada: ora la mia mappa del Portogallo racconta tante storie.
Ci sono libri che fanno scattare l’idea di una meta senza fornire indicazioni per tracciare subito un itinerario: sono quelli che suggeriscono un'atmosfera, quelli che con le parole sanno dipingere un mondo e affascinare. Allora lo studio della mappa procede per altre vie, ma su un binario parallelo a quello della lettura, con cartine geografiche e libri a rincorrersi l’un l’altro. Le carte trasferiscono in una località ciò che i libri suggeriscono soltanto. E l’alchimia che ne scaturisce può manifestarsi senza preavviso.
Durante il viaggio in Norvegia, con tanti libri dedicati al Nord stivati nel camper, sono andata alla scoperta del Lysefjord su una piccola imbarcazione e ad un tratto mi si è presentata davanti agli occhi l’immagine descritta da Tove Jansson (scrittrice finlandese) ne Il libro dell’estate (Iperborea editore), letta proprio la sera prima: case di vacanza sul fiordo, con piccoli moli dove i bambini giocano vicino alle barche ormeggiate. I panorami si compongono così davanti agli occhi realizzando ciò che le parole dei libri raccontano... e la mappa si arricchisce ancora, aggiungendo un volume diverso a ogni tappa!
E poi ci sono le suggestioni che arrivano direttamente dalle mappe: sono i nomi delle località che, mentre si studia e si progetta un itinerario, fanno scattare la curiosità che è il motore di ogni viaggio. Mentre percorrevamo le strade della Normandia, sulla mappa si susseguivano città e borghi i cui nomi terminavano in -ville (città, in francese): è stato un attimo iniziare a segnarle e creare un nuovo itinerario che ci permettesse di attraversare i luoghi più interessanti con quel suffisso così radicato nella storia francese.
La mappa che si sta animando nella mia mente e nel mio cuore in questo periodo torna in Francia e parte da una parola pronunciata da mio padre, e presente in un libro: Dordogna. Il DNA non mente!