Sicilia: scorci di Trapani. Cibo, mercati e saline da incanto
Il trapanese accoglie i visitatori a braccia spalancate con la cordialità di chi ama il buon vivere e la buona cucina. Fra una passeggiata in città e una gita in bicicletta sulla Via del Sale, Trapani chiama a sé come un parente che non vi vede da tanto tempo.
Il centro di Trapani vi dà il benvenuto con le sue vie signorili, a tratti pompose. Corso Vittorio Emanuele è passerella di matrimoni eleganti. Giacche, cravatte, abiti setosi. Il caldo è solo un contorno mentre si beve l'aperitivo seduti in uno dei bar del Corso. La brezza stempera la calura e le conversazioni si fanno rilassate.
Al tramonto l’aria si tinge di arancio e crema. La passeggiata dalle Mura di Tramontana spinge a camminare ancora. Signori in ciabatte chiacchierano ad alta voce in uno spiazzo in riva al mare. Le loro sedie sono in plastica, porose e ingrigite. L'aria odora di alghe. Si ritorna sul Corso per un breve tratto e proseguendo lungo Via Carolina si arriva fino alla Torre di Ligny, imponente e ferma laggiù in fondo. Alle sue spalle il Tirreno s'infrange sugli scogli, l'orizzonte si allarga, si respira l'infinito.
A poca distanza dal centro storico, raggiungibile a piedi o noleggiando una bicicletta, il mercato del giovedì di Piazzale Ilio si anima la mattina presto. L'entrata vi risucchia in un labirinto di vestiti, ciabatte e sottane. Grida di ambulanti “Un euro, un euro, tutto a un euro!”; signore con la borsa appesa al braccio sinistro rovistano fra casalinghi e fanno slalom tra le bancarelle.
Superato il muro di calzini, scope e attrezzi per la cucina, in un angolo si svela il vero mercato: colorato di melanzane, peperoni e trecce d'aglio appese ai tendoni. Cesti di pomodori secchi e olive condite. Il signor Pippo spiega come conservare i capperi, pontificando con le mani. Automobili parcheggiate in retromarcia esibiscono cassette di pesce nel bagagliaio aperto. Salvatore si sposta sorridendo, mentre pochi turisti si soffermano per uno scatto al pescato fresco.
II peccato capitale della Sicilia è la lussuria. Quella del cibo. Non è solo soddisfazione per la gola, è piacere fine a se stesso. Spumosi cannoli di pasticceria che obbligano a lunghe pedalate per lavarsi la coscienza. Il primo morso croccante, il secondo vellutato, l'ultimo satollo, ma appagato e sorridente. Gustoso pane cunzato che lascia salviette, sacchetti di carta e mani completamente unte, nonostante tutto l'involucro.
Caponate di verdure che nuotano nel condimento, con un sapore proporzionato alla grandezza delle porzioni. Tranci di pesce sorprendono con croccanti pistacchi e olive nere come petrolio. Pizze con accostamenti inaspettati in un famoso locale storico che si narra fosse un antico bordello. Coni gelato che sfidano le leggi di gravità e scompaiono sotto palettate di crema morbida.
Pedalando da Trapani verso sud, si percorre una ruvida pista ciclabile per alcuni chilometri. Dopo un tratto trafficato in un giorno infrasettimanale, si devia dalla statale SP21 e si prosegue lungo strade tranquille, odorose di gelsomini e ibiscus. In fondo al percorso sterrato dell'ultimo tratto, l'antico mulino delle saline Culcasi attende immobile nella brezza marina.
I giovani proprietari del Museo del sale spiegano con pazienza, riportando alla nostra mente l’arsura e la fatica della produzione di questa sostanza preziosa nei secoli. Lontane dal traffico e dalla vitalità del centro, le saline attendono immobili il trascorrere delle stagioni. Ci si siede qualche momento fra una vasca e l’altra, mentre fenicotteri dalle gambe sottili beccano qua e là nell'acqua bassa.
Un solo assaggio di Sicilia non può bastare, bisognerà tornare ancora per nuove scoperte, certi di essere nuovamente accolti come in famiglia.